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Festeggiamo così il secondo compleanno di You Socialist.

Emily Wilding Davison morì poiché un cavallo la colpì, era il 1913. Probabile a quell’epoca? Può darsi, ma non è il caso di Davison poiché non fu un incidente, lei voleva attaccare una bandiera al collo del cavallo del Re mentre gareggiava al Derby di Epsom, ma nel farlo venne travolta dall’animale in corsa e a causa delle ferite morì qualche giorno dopo.  

Chi è Emily

Emily Wilding Davison Portrait

Emily Wilding Davison lottava per il diritto al voto delle donne, era una suffragetta e la bandiera che voleva far galoppare era proprio quella suffragiale, un atto di protesta e sensibilizzazione finito non intenzionalmente in tragedia e che passò alla storia, il punto è che quell’atto doveva essere l’ennesimo di una lunga serie: la Davison lottò in modo plateale per anni alla causa del voto alle donne, non voleva morire per la causa, probabilmente non vedeva l’ora di varcare la soglia delle urne: fondò gruppi, venne arrestata più volte, si nascose in un armadio a Westminster, insomma, ne fece di tutti i colori lei e le sue compagne e cosa dicevano nel 1913 rispetto le loro lotte sacrosante?

Esattamente ciò che si dice ora per le azioni (molto meno sovversive rispetto a quelle delle suffragette) dei gruppi ambientalisti o per la difesa del diritto alla casa.

E dopo 100 anni?

100 anni dopo la storia non cambia. Se qualcun* disobbedisce, fa notare cose tutto sommato ovvie e lo fa platealmente si alza un coro di dissenso nel quale è facile cadere, si punta il dito sull’atto con una gran fanfara e non si ascoltano le ragioni, figurarsi ragionarci su.

Eppure i rebel del XXI secolo sono più educati rispetto alle suffragette cent’anni fa o i gruppi che scesero in piazza nel 1968 con quelle contestazioni che squassarono un’epoca in tutta l’Europa, nonostante questo se trovano spazio nell’informazione mainstream li fanno parlare poco e se reagiscono o non ci stanno allora son “maleducati”.

Forse la soluzione è fare più rumore, essere meno per bene sempre nel pieno rispetto dei Codici e della Costituzione, anzi, facendo valere quei diritti sanciti e quelle regole che dovrebbero garantire una vita degna ora e per le generazioni future. Fare più rumore rispettando le leggi, ce lo ricordiamo bene com’è andata a finire la manifestazione a Torino l’anno passato, fare più rumore fa paura assai.

Chi scrive se lo ricorda ben bene quel G8 a Genova, capita a molte e molti di aver avuto amici o parenti che son tornati a casa con le ossa rotte e non stavano manco manifestando, sarà da lì che arriva la paura di fare rumore?

Forse da allora abbiamo abdicato alle lotte, si son gentrificati i centri sociali, l’attivismo di quartiere è un unicorno. Oggi a chi prova a fare rumore si evita di dare acqua e linfa per paura che si trasformi in un branco di gremlins e se si sventolano dei cartelli può capitare ti arrivi una visita della polizia direttamente a domicilio.

La nostra Emily Wilding Davison cent’anni fa è finita sotto gli zoccoli del cavallo del re perché voleva che alle donne fosse permesso l’accesso al voto, Emily come molte altre ieri e oggi in fin dei conti fan paura, se non ci fossero state loro la Storia sarebbe molto, molto diversa.  

Fate rumore, di più, perché in fondo “lo status quo vi teme, non prevede fratture, non le tollera, ma l’atto più umano che esiste è proprio la cura delle fratture: le fratture servono, sono la prova che possiamo prenderci cura”.

Tanti auguri a noi e buona Festa della Repubblica.

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