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La scuola Precaria di Valentina Chindamo.

Prof. ma l’anno prossimo ci sarà ancora lei?

No ragazzi, molto probabilmente non ci sarò.

E se scriviamo una lettera al Preside chiedendo di farla restare?

Sorrido. E come sempre cerco di spiegare la situazione ai miei studenti. Non è facile far comprendere alle famiglie o ai ragazzi le dinamiche del sistema di reclutamento o dell’assegnazione delle supplenze. Ma è importante che sappiano che non è una decisione che dipende dal Dirigente scolastico o da noi docenti. Purtroppo non c’è lettera che tenga.

Ogni anno le supplenze vengono assegnate in base ai punteggi accumulati nelle graduatorie provinciali (Gps). In poche parole: noi precari dipendiamo da un algoritmo. Questo ci assegna una scuola piuttosto che un’altra in base alle preferenze che abbiamo indicato e in base al punteggio che abbiamo accumulato con il servizio (insegnando) o con i titoli ottenuti (master, certificazioni di lingua o di informatica).

Ogni anno è la stessa identica storia, accompagniamo i ragazzi e le ragazze lungo tutto un anno scolastico sapendo che l’anno successivo ci sarà un altro insegnante. Non sarai tu a verificare se durante l’estate il lavoro che hai assegnato è stato fatto o se per caso qualcuno ha letto i libri che hai consigliato. Ma, soprattutto, a valutare se lo studente ha recuperato o meno la materia non ci sarà lo stesso docente che a giugno lo ha ritenuto insufficiente.

Nella scuola ci sono tantissime cose che non funzionano, e la mancata continuità è solo una delle tante problematiche che affligge il nostro sistema scolastico. Troppo spesso però si parla di precariato trattando il problema solo dal punto di vista di chi lavora nella scuola, ma l’attuale sistema ha delle gravi ripercussioni soprattutto sugli studenti. E’ anche di questo che bisognerebbe parlare quando si tratta il tema del precariato.

Gli studenti hanno bisogno di stabilità e non di un via vai di docenti poco formati, poco motivati e deresponsabilizzati.

La continuità didattica è un fattore che responsabilizza l’insegnante, sia nei confronti dei genitori che nei confronti dei propri studenti. Cambiare scuola ogni anno, ad esempio, potrebbe portare il docente a credere che anche impegnandosi al massimo difficilmente potrebbe intervenire in modo efficace sulle problematiche che gli studenti hanno ereditato da anni precedenti.

bambini banchi scuola

È inutile girarci intorno, se sei precario non raccogli mai i frutti del tuo lavoro e tanto meno rispondi delle possibili mancanze.

Questo, oltre ad essere frustrante dal punto di vista professionale, è poco formativo per i docenti stessi che, ormai, non hanno alcuna formazione iniziale se non quella derivante dall’esperienza in classe. Il continuo turnover di insegnanti è un disservizio per l’intera società che danneggia soprattutto i più deboli, quelli che maggiormente avrebbero bisogno di stabilità e sicurezza. Ad esempio, secondo un dossier di Tuttoscuola, quasi due terzi degli studenti con disabilità cambia docente di sostegno ogni anno.

Mentre partiti politici, sindacati e governi ci dicono di voler eliminare il precariato il fenomeno peggiora di anno in anno.

Secondo i dati elaborati da Fondazione Agnelli ad oggi i precari sono circa 225.000, oltre un quinto del totale e solo un terzo dei posti di sostegno è assegnato a docenti qualificati, il resto viene coperto da supplenti.

Ai precari di oggi, oltre a non avergli offerto nessuna formazione iniziale, nessun tirocinio o nessuna scuola di abilitazione, chiediamo di passare concorsi a crocette altamente selettivi.

Senza l’utilizzo di carta e penna, dove si chiede, ad esempio, il codice civile a memoria o calcoli assurdi senza calcolatrice. Giustamente, vogliono verificare se siamo in grado di programmare un’unità didattica di apprendimento in 24 ore, se parliamo fluentemente inglese, se sappiamo chi firma un PEI o cos’è il RAV. E ok, lo facciamo, ci proviamo, ci stiamo provando.

Una cosa però è certa, noi precari abbiamo ben chiaro cosa sia la continuità didattica e cosa implichi la sua assenza. Al Ministero dell’Istruzione sicuramente qualcuno su questo quesito verrebbe bocciato.

Valentina Chindamo

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