Stage e disoccupazione in italia.
Entrare nel mondo del lavoro è anche possibile, il problema è il come. Un problema grosso che si poggia su due capisaldi: instabilità economica e precarietà con tutti, ma proprio tutti, gli annessi e connessi. Siamo di fronte ad un’altra diseguaglianza generazionale, ma per capire bene le cause, trovare soluzioni e nuove strategie, è necessario fare chiarezza sul contesto.
La disoccupazione giovanile (15-24 anni) in Italia si assesta intorno al 30% (dati settembre 2021); la fascia di età successiva 25-34 anni arriva a circa il 14%. Quindi secondo gli ultimi dati, il totale ci dice che circa il 44% dei giovani tra i 15 e i 34 anni sono disoccupati.
In una situazione di questo genere è ovvio che siano necessarie le così dette politiche attive del lavoro, ovvero tutte quelle misure che cercano di risolvere il problema o quantomeno attenuarlo. Si, ma come? Per esempio, pensando a periodi di formazione e orientamento dei giovani nelle aziende, di durata variabile, che si intraprendono al fine di ottenere un’esperienza concreta nel mondo del lavoro. Bellissimo! Questa è stata la visione con cui sono stati creati gli strumenti dei tirocini: curriculari ed extra curriculari. Comunemente detti stage.
Disclaimer.
I tirocini non sono un contratto di lavoro, si percepisce un’indennità, ma non si ha diritto a ferie, a contributi e le parti possono interrompere il rapporto di tirocinio senza preavviso o onere alcuno. Per sua stessa natura è una situazione “di transito” tra il non avere un lavoro ad averlo (forse). Nel mezzo, appunto, il tirocinio: che non è lavoro e nemmeno non lavoro.
Come è nato e si è sviluppato il tirocinio?
Ci arriviamo con calma. Si tratta di un viaggio che parte dal 1993 con la legge Treu, passa attraverso il Jobs Act, atterra al 2017 con nuove linee guida e termina alla legge di bilancio del 2022. Nel mentre è bene dare qualche dato estratto dal report di monitoraggio Anpal (clicca QUI), dati che ci aiutano a capire il peso specifico dei tirocini in Italia, da qui, andremo ad approfondire le ombre, il buio pesto che sta intorno al tirocinio applicato nella pratica di ogni giorno con Pietro Galeone – Esperto economico del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali – il Team dello Stagista fru(s)trato dei GD Milano e il team dei GD Venezia, insomma, tanta roba.
Pietro Galeone
Per capire qualcosa in più sul tema dei tirocini, abbiamo parlato con Pietro Galeone che attualmente è consigliere del Ministro Orlando. Insieme a lui, abbiamo ripercorso l’iter legislativo del tirocinio, dalla sua creazione a oggi.
Quando sono nati i tirocini?
- Legge n. 196/1997 (c.d. Pacchetto Treu) e successivo DM D.M. n. 142/1998 Che aveva come fine: “realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro nell’ambito di processi formativi e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro”
- Fino ad allora le tematiche riguardo formazione e tirocini erano in mano allo Stato Centrale (per farla breve) poi nel 2001…con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, è avvenuto un cambio significativo negli equilibri delle competenze tra Stato e Regioni ossia sta a loro, le regioni, da quel momento in poi, organizzare la formazione professionale. I tirocini curriculari, invece, sono totalmente in mano alle università.
- Nel 2012 La riforma Fornero, all’articolo 1 comma 34, ha previsto un’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni per definire delle Linee guida sui tirocini formativi e di orientamento che ne rivedessero la disciplina, prevenissero e contrastassero un utilizzo distorto dell’istituto.
- La Conferenza Stato-Regioni ha approvato le prime linee guida il 24 gennaio 2013.
- E le seconde linee guida, attualmente vigenti, il 25 maggio 2017: esse non hanno un valore di norma giuridica, ma rappresentano orientamenti per le Regioni che hanno la competenza legislativa in via esclusiva.
- 2022 grazie alle azioni “rebel” che nell’ultimo anno si sono battuti per far si che le storture in capo ai tirocini (extracurricolari) venissero sanate, si è ottenuto che nella Legge di Bilancio venissero inseriti nuovi emendamenti e che la Conferenza Stato Regioni rimettesse mano alla regolamentazione relativa
Oltre alla realtà italiana esiste anche quella europea. Per la UE garantire migliori possibilità ai giovani che entrano nel mondo del lavoro è un principio ribadito dal pilastro europeo sui diritti sociali. Lo strumento della Garanzia Giovani è fondamentale e cruciale, perché tutti gli Stati Membri devono tenerne conto se vogliono fruttare i fondi ad esso correlato.
Ora, il problema italiano, oltre AL problema che è quello di avere una % di disoccupazione giovanile che il doppio rispetto la media europea è che non riesce, come riassume perfettamente Pietro, a “normalizzare l’occupazione giovanile”.
La nascita dei tirocini ha generato – nel corso del tempo – precarietà, nel nome di una fantomatica flessibilità e lo strumento, seppur nato con tutti buoni propositi, è stato snaturato e allontanato dal suo obiettivo. Non è automatico che il tirocinio sia dedicato alla formazione: spesso è lavoro, né è automatico che l’accordo di tirocinio si trasformi in un contratto e spesso si trovano escamotage per aggirare i limiti di rinnovo. E poi c’è il buco nero dei tirocini curricolari di responsabilità degli Atenei che fanno un po’ a loro sentimento.
Manca qualità formativa da parte delle aziende e coesione dalla parte istituzionale, dato che le competenze relative ai tirocini sono in capo alle regioni, esistono 21 teste (Bolzano e Trento si contano separati) che decidono e gestiscono in autonomia. Pietro Galeone, però, ci ha svelato una sensibilità altissima da parte del Ministero del Lavoro sulla questione giovanile in generale, non solo riferita ai tirocini. Da lassù, nonostante i “giovani” siano un po’ animali esotici da studiare, qualcosa si muove. Nel budget dedicato del PNRR – ha ribadito Orlando – dovrà essere rispettato il requisito della quota del 30% di assunzioni da destinare a nuova occupazione giovanile e femminile; allo stesso modo è stato ritenuto opportuno aprire a bandi per giovani diplomati e universitari nella PA con il Decreto Reclutamento. La PA ha un bisogno fisiologico di nuove leve, perché? Perché la transizione digitale è qui tra noi! La nuove skills sono oro colato. I giovani hanno bisogno di stabilità, che non passa solo dal contratto indeterminato, ma dalla certezza di non essere presi in giro…è una questione di equità generazionale. Tutti gli anni di precarietà che viviamo ora, saranno un macigno tra qualche tempo? Diciamo alla pensione? Sì, lo saranno. Ma senza volgere lo sguardo così in là abbiamo già visto come l’instabilità stia già mordendo sul diritto all’abitare.
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