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Dalle Microplastiche alle plastiche nascoste

Puntata 4.

Ciao Margherita! E ben ritrovata al nostro consueto appuntamento mensile! Questo mese ci piacerebbe approfondire dei temi che hai di recente trattato sul tuo profilo Instagram, che non sono strettamente correlati al tema delle plastiche, ma che sono comunque molto urgenti.

Che ne dici? Iniziamo!

4 Chiacchiere con Margherita Cortini.

1# In questo reel hai approfondito il tema delle isole di calore. Ci puoi spiegare cosa si intende con questa definizione?

La maggior parte di noi vive in città e il numero è destinato a crescere nei prossimi decenni raggiungendo quasi il 70% del totale. Il ché porta ovviamente ad un aumento delle superfici delle città e allo sviluppo di un microclima dato da cemento e asfalto che è molto diverso rispetto a quello che si troverebbe in un bosco. 

Cemento e asfalto, infatti, assorbono molto bene il calore, creando delle zone a temperature più elevate rispetto alle zone rurali circostanti. Questa differenza è accentuata di notte, perché il calore che viene immagazzinato dagli oggetti scuri, cioè l’asfalto e il cemento, viene restituito di notte.  Ma ovviamente contribuiscono all’aumento della temperatura anche i veicoli, gli impianti di condizionamento e riscaldamento ecc. 

Si dice che in città si generino delle vere Isole di calore e ahimè, queste isole di calore sono ciò con cui la maggior parte di noi dovrà imparare a fare i conti proprio perché la maggior parte di noi sarà esposto ad ambiente urbano. 

2# Quali sono le azioni che possono essere messe in atto per immaginare concretamente delle città rigenerative?

L’idea di una città rigenerativa è quella di una città in cui ci sia integrazione della vegetazione. Poiché il calore estremo affligge maggiormente chi vive in città, gli spazi verdi diventano prioritari. A cosa servono gli alberi in città? A molte cose diverse.

Integrare di verde urbano vuol dire migliorare la biodiversità, da una parte, e anche la nostra resilienza alle ondate di caldo. Ma vuol dire anche una riduzione delle temperature: il verde infatti riduce la formazione di isole di calore, da una parte creando zone ombrose, e dall’altra diminuendo il calore assorbito. Oltre a questo ovviamente gli alberi servono anche a per catturare CO2 e inquinanti ambientali: funzionano cioè da purificatori d’aria. Raccolgono le particelle presenti nell’aria, immettendole nel sottosuolo. Questo non le fa sparire, ma almeno le toglie dall’aria che respiriamo. 

Ci sono studi che dicono che nel 2050 la temperatura delle città sarà molto diversa da quella che conosciamo oggi. Londra avrà il clima di Barcellona, Madrid avrà il clima di Marrakesh.

In questo scenario gli alberi possono permettere una riduzione delle temperature cittadine da 1 a 5 gradi. Quindi possiamo letteralmente dire che gli alberi serviranno alla nostra salute.

Ma anche al nostro portafoglio: alcuni studi dicono che se si aumentasse del 25% la copertura di fogliame in città come Sacramento, le abitazioni medie potrebbero risparmiare dal 40 al 50% dell’energia usata per i climatizzatori. Insomma aumentare il verde ha solo vantaggi, sia per la nostra salute, che per il pianeta, che per il nostro portafoglio.

palazzi e verde cittadino

3# Quali sono le conseguenze di un uso smisurato dell’aria condizionata nelle nostre città e quali possono essere le alternative?

L’aria condizionata è ovviamente in alcuni casi necessaria, ma l’uso che ne viene fatto è spesso sporpositato. Ricordo, circa 15 anni fa di essere stata a New York, dove si sudava anche stando fermi e di dover girare sempre con una felpa a disposizione, perché ogni ingresso in un edificio assomiglia ad una gita al polo Nord. Siamo diventati bravissimi a pomparci di aria condizionata, ma i contro sono molti e si tratta di una soluzione decisamente non sostenibile per svariati motivi.

Innanzitutto è un sistema di raffreddamento basato sull’ulteriore emissione di gas serra. Contribuisce all’inquinamento e all’emissione di CO2, generando così calore esterno e amplificando quindi un brutto circolo vizioso che renderà le isole di calore urbane sempre più marcate. 

Oltre a questo, gli sbalzi di temperatura tra esterno ed interno rischiano di essere troppo marcati, favorendo l’insorgenza di problemi di salute come bronchiti, tracheiti e pomoniti batteriche (quando i filtri dei condizionatori non vengono puliti regolarmente).

Inoltre, l’aria condizionata può anche essere responsabile di problemi sociali: non tutti, infatti, se la possono permettere, il chè aumenta le disparità e punisce maggiormente chi contribuisce meno al cambiamento climatico, come i paesi in via di sviluppo. Potremmo quindi provare a ragionare, quando possibile, su un ritorno alle ventole e alle pale, limitando l’uso dell’aria condizionata a situazione davvero maltollerabili e comunque cercando di tenere una temperatura interna non più bassa di 27-28°.

4# In questo reel invece, parli di CO2. Le emissioni continuano ad aumentare in maniera costante. Ma, come si calcolano? E quale, secondo te, dovrebbe essere la modalità corretta per attribuire le emissioni ai vari responsabili?

Stabilire in maniera univoca come calcolare le emissioni di CO2 non è per niente banale. Ci sono molti modi diversi di farlo, uno ad esempio di basa sul calcolo pro capite, ossia su quanto emettono i singoli cittadini. Questo tipo di calcolo si basa sulle emissioni globali di un singolo stato diviso il numero di abitanti.

Se ci basiamo sulle emissioni pro capite, i paesi produttori di petrolio sono quelli in cui i singoli abitanti emettono di più. Ma il calcolo della CO2 pro capite risente fortemente delle dimensioni e del numero di abitanti di un singolo paese. Paesi con una media pro capite leggermente inferiore ma molto popolosi, come gli USA, emettono complessivamente molta più CO2 rispetto a paesi meno popolosi.

Se si considerano invece le emissioni annue di singoli paesi, allo stato attuale delle cose, l’Asia è al primo posto come emettitori mondiale, seguita poi da Nord America e poi Europa. Se però consideriamo la CO2 “storica”, ossia il totale delle emissioni complessive, dall’inizio dell’epoca industriale, gli USA sono nettamente al primo posto come emettitori, perché, anche se la Cina adesso ha emissioni altissime, è soltanto da pochi anni, rispetto agli USA, che il suo mercato si è sviluppato e le emissioni sono cresciute.

Possiamo poi complicare ancora di più il discorso, aggiungendo le esportazioni. Pensiamo infatti che la Cina, ad es., produca roba che vende esclusivamente, sempre a titolo di esempio, sul mercato europeo. Se noi consumiamo la roba prodotta dalla Cina, allora forse ci dovremmo anche fare carico delle emissioni di ciò che viene esportato da loro e acquistato da noi.

Insomma, attribuire singole responsabilità, quando si parla di emissioni, non è facile. La verità è che probabilmente ogni stato si dovrebbe assumere le proprie responsabilità nella corsa alla riduzione delle emissioni. Una idea per farlo potrebbe essere l’introduzione di una carbon tax, cioè: più emetti e più paghi. Questo sistema potrebbe essere un incentivo, a chi oggi, emette maggiormente, a tagliare la CO2.

Secondo voi è fattibile?

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